Nella luce di Cristo, tutti i miti portano alla Verità

La potenza della Storia delle Storie illumina tutta la realtà

I nostri miti possono essere male indirizzati, ma, anche se vacillano, fanno rotta verso il porto. ~ Tolkien

In pratica, tutti i miti portano alla Verità. Tutti amiamo delle storie, alcune più di altre. E non c’è niente di più potente di una storia sia bella che commovente. Infatti se l’arte è, come diceva il buon Tolkien, ciò che rende l’uomo davvero più simile a Dio Creatore, nell’impellente desiderio di generare una sub-creazione, un buon scrittore di storie, sia esso uno sceneggiatore, uno romanziere o un poeta, è senz’altro l’artista che più si avvicina alla vocazione ultima di un Figlio di Dio: partecipare alla creazione di tutte le cose. E lasciarsi rapire da una storia denota sempre una profonda sensibilità che merita di essere non solo incoraggiata. Anzi, coltivata e indirizzata nel modo migliore. Questo è un essenziale primo passo verso la spiritualità, che è l’attidune nel vedere le cose da una prospettiva più alta e nobile.

 

Quindi se amate le grandi saghe letterarie o cinematografiche dove si affronta il mistero iniquitatis, come ad esempio Star Wars, Il Signore degli Anelli, Harry Potter o tante altre saghe epiche, non temete, questo è assolutamente conforme alla fede cattolica. Questo in quanto ogni buona storia che si rispetti, che lo si voglio o meno, narra sempre dell’Autore della vita e di Gesù Cristo.

Ma comè possibile tutto questo?

Lo vedremo breve. E ce lo faremo spiegare di chi di narrativa se ne intendeva molto, ma molto più di noi.

 

L’eziologia del racconto sacro

 

«Esiste un posto chiamato “paradiso” dove le opere buone iniziate qui possono venire portate a termine; e dove le storie non scritte e le speranze incompiute possono trovare un seguito.» (J.R.R. Tolkien)

 

La Bibbia è teologia narrativa: Dio utilizza un racconto, quello biblico, per spiegare il presente e metterci così in relazione con Lui. Questo vale per ogni racconto sacro. È del resto la metodologia comunicativa che adopera lo stesso Gesù nelle parabole. Ma bisogna fare attenzione al rischio del cosiddetto “concordismo”. Cioè, la pretesa di fare concordare tutto, tipica dei fondamentalisti, che invece si prefiggono di rendere il racconto come una banale cronoca di ciò che accadde in passato, in modo da prendere interamente alla lettera il testo.

 

Il pericolo dell’incredulità

 

Il rischio in senso contrario, frequentemente nelle correnti teologiche progressiste, è di ridurre tali racconti a mere metafore, allegorie. O descrizione simboliche, dimenticandosi invece del valore reale, dunque ‘storico’, che essi possiedono. Faccio un esempio concreto per farvi comprendere il giusto approccio che il cristiano è tenuto ad avere con la Rivelazione. In Genesi 37, la storia di Giuseppe venduto dai fratelli è pedagogica, paradigmatica ma anche realmente accaduta. Possiede un valore storico”, anche se non abbiamo la certezza esatta del secolo a.C. in cui potrebbe essersi svolta la vicenda. Se si trattasse solo di una favola, scritta per fini pedagogici e nulla più, si perderebbe una dimensione importante della storia e molti livelli di lettura diverrebbero mere speculazioni. Questo vale per quasi tutti i racconti biblici.

 

Coloro che nascono con un bell’aspetto o delle attitudini smaccatamete spirituali sono sempre stati invidianti da chi tali doni non li possiede. Quella di Giuseppe vednuto dai fratelli è una storia che sicuramente si è ripetuta più e più volte nel corso di tutta la storia umana

 

In pratica, lorigine dei racconti presenti nella Sacra Scrittura è Dio stesso, quando entra nella storia umana. Esso ci rivela storie antichissime che hanno un valore sia perché reali, ma anche per lenorme valore spirituale che contengono. Come abbiamo spiegato in questo articolo, Gesù è storicamente impossibile?, luomo dimentica la storia perché non può fare altrimenti. Dunque, spetta a Dio intervenire ancora e ancora per ricordarci la Storia della Salvezza – ancora in corso.

 

Per quanto remoti, tutti i miti portano alla Verità

 

Ovviamente andando a ritroso nel passato non è possibile avere un’approssimazione storica dei racconti antidiluviani. In Genesi, almeno per la maggior parte dei biblisti, la storia vera e propria, infatti, inizia da Abramo (Gn 12, 1+): nel momento in cui abbiamo a grandi linee una “collocazione temporale” e “geografica”, oltre che una narrazione esaustiva. Usando un gergo caro agli scrittori, con Abramo è possibile rispondere alle cosiddette “5 W. O almeno farlo in modo sommario o plausibile. Tuttavia, la storia di Abramo è ugualmente paradigmatica e ha le medesime finalità dei racconti precedenti: farci comprendere il presente attraverso una storia avvenuta in un passato lontanissimo. In ogni caso, i racconti cronologicamente anteriori alla storia di Abramo possiedono anch’essi un valore veridico, in quanto fondamentali per il filo logico narrativo Sacra Scruttura. In altre parole, la cosiddetta protologia è necessaria per non svuotare della loro sostanza le storie successive. Qualcuno potrà replicare a quanto appena affermato, asserendo che quella che conta davvero è l’escatotogia: conoscere dove stiamo andando piuttosto che sviscerare il passato. Ma è un madornale errore.

 

Le regole della narrativa

 

Almeno coloro che lavorano nell’ambito della narrativa, comprendono bene quanto sia necessario focalizzare l’incidente scatenante – e la conseguente reazione del protagonista rispetto ad esso – per arrivare davvero a capire più profondamente il tema del racconto. Per questa ragione, attraverso la comprensione del presente la Chiesa proclama dei dogmi e definisce delle verità di fede che permettono più pragmaticamente di sapere, a grandi linee, quali aspetti dei primi capitoli della Genesi e di alcune storie enigmatiche del Pentateuco, e di tutta la Scrittura, sono da leggersi come fatti reali e concreti. Facendo un esempio significativo, la monogenesi (Concilio di Trentosessione V, decreto sul peccato originale, canone 1, pag. 9) sintetizza ciò che la Chiesa ha sperimentato riguardo la creazione della prima coppia umana e dell’unità del genere umano, di quello che conosciamo del peccato originale commesso da un capostipite, oltre che di una coerenza narrativa con quello che resta il tema principale della Sacra Scrittura:

“[…] e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.” (1Corinzi 15, 22)

 

Il valore del racconto mitico

 

“Vedi, Madre, io faccio nuove tutte le cose”. La scena più commovente della storia del cinema, quella del film di Mel Gibson, dove la sofferenza di una madre che dona il proprio figlio permette la redenzione dell’intera umanità

 

Si cerca di ridimensionare la storia di Gesù a un mito, perché si considera il “racconto mitico”, inutile o superfluo, che nulla a che fare con la realtà più “concreta“ dell’uomo.

Invero il mito cos’è?

È un racconto la cui importanza è tale da farlo ritenere sacro“. L’uomo ha un impellente bisogno di dare un senso alla propria esistenza, di capire e comprendere il perché della sua precaria condizione. E questo desiderio interiore lo conduce nel corso della storia verso verso quei racconti e poemi capaci di lenire la sua sete di Verità. Tale esigenza è, banalmente, detta “religione”. Chiunque scrive un racconto ha sempre delle pretese religiose, a prescindere che ne sia consapevole o meno.

 

Una storia contiene una scintilla di Dio

 

Dunque, intrattenimento a parte, il fine di un racconto è quello di dare un senso alla vita di ognuno di noi. Ma questo come può avere a che fare con la morte e resurrezione di Gesù? Se lo domandò pure un certo C.S. Lewis, che da ateo in ricerca della Verità scrisse così al suo migliore amico cattolico J.R.R.Tolkien:

Lewis: “[…] come la morte di Qualcun Altro (chiunque egli fosse), avvenuta duemila anni prima, può in qualche modo giovare a noi, nel presente, se non nella misura in cui può servirci da esempio?”

 

E, mettendo in discussione il valore di ogni racconto mitico, Lewis proseguì:

Lewis: “Ma i miti sono menzogne, e quindi privi di valore, anche se menzogne sussurrate nell’argento.”

Tolkien: “Veniamo a Dio e, inevitabilmente, i miti da noi tessuti, pur contenendo errori, rifletteranno anche una scintilla della luce vera: la verità eterna che è con Dio. Infatti solo creando miti, solo divenendo un sub-creatore di storie l’uomo può aspirare a tornare allo stato di perfezione che conobbe prima della caduta. I nostri miti possono essere male indirizzati, ma, anche se vacillano, fanno rotta verso il porto, mentre il «progresso» materialista porta solo a un abisso spalancato e alla Corona di Ferro del potere del male.”

 

Un racconto pseudostorico

 

Spesso ci si dimentica che il tema de Il Silmarillion è la perduta immortalità, quindi la caduta, dalla Prima alla Quinta era di Arda. Tolkien descrive nient’altro che il mondo antidiluviano, così come se lo immaginava

Cosa intende Tolkien con “progresso materialista“? È svuotare la storia dell’uomo di una realtà più alta, nobile, profonda e, dunque, metafisica. Ridurre i miti, siano essi pagani o monoteisti, a semplici artifici, generati per allettare l’uomo o placare la sua paura dell’ignoto, è il modo più subdolo ma efficace per distruggere la dignità della storia uamana. Ma questo peccato, così grave e deplorevole per Tolkien, lo fanno tuttora molti cristiani nel momento in cui ridimensionano opere sublimi come Il Silmarillion a semplici racconti fantastici. E vi dirò di più, il nerd entusiasta, sia esso cattolico o non credente, che descrive con vera e propria riverenza le opere letterarie e cinematografiche di cui è innamorato risulta, nei fatti, assai più religioso, nell’accezione positiva del termine, persino di molti cattolici che vedono nelle opere “pagane” o non “esplicitamente cristiane” solo mero intrattenimento o sofisticati inganni.

 

Lewis: “Tu vuoi dire che la storia di Cristo è solo un mito che va nella stessa direzione degli altri, ma che è realmente accaduto? In questo caso comincio a capire.”

 

Non credere più ai racconti, ai miti, come accade ne La storia infinita, o ridurli soltanto ad allegorie, è il cosiddetto “nulla” di cui scrive Michaeal Ende: svuotare la realtà della sua essenza, distruggendola. Bastian darà un nome proprio di persona all’Imperatrice bambina, riportando Fantàsia in essere

 

Come sosteneva Tolkien, c’era bisogno di una storia sublime e commovente per salvare l’uomo. Lewis comprende questa verità e da lì a breve condividerà la stessa fede del suo migliore amico.

 

La stessa storia che si ripete

 

J.R.R. Tolkien: “Non soltanto i pensieri astratti dell’uomo, ma anche le invenzioni della sua immaginazione devono derivare da Dio, e, di conseguenza, riflettono parti della verità eterna.”

Pertanto ci si può considerare distanti dal Cristianesimo o dirsi del tutto disinteressati di Gesù e della sua verità storica. Così come si può ritenere la storia del peccato originale pura fantasia, ma gli archetipi legati ai temi di caduta e salvezza, morte e resurrezione, presenti in ogni saga che finiamo per amare e considerare inconsciamente “sacra”, piaccia o no, sono i medesimi dei racconti biblici. Da Il Signore degli Anelli fino a Shannara, Dune o da The Walking Dead fino a Hunger Games e Harry Potter, la struttura del Viaggio dell’Eroe che ci cattura in quel grande conflitto che coinvolge il Bene e il Male, resta pressoché la stessa.

 

Anche opere più lontana dalla nostra, fanno altrettanto. Basti pensare a manga di enorme successo come Naruto: Shippuden, dove la struttura del Viaggio dell’Eroe è addirittura messianica:

 

 

Conclusione

 

Naruto che salva Obito o Luke che salva Anakin, Giuseppe che salva i fratelli, e via così… fateci caso, l’archetipo è sempre il medesimo, quello di Gesù e Adamo. Non sempre l’antagonista viene salvato, ma è necessaria tale offerta per portare il racconto alle sua estreme conseguenze

Mi si potrebbe chiedere: “Ehi, di quale storia stai parlando?” De Il Signore degli Anelli? Di Guerre stellari? Bensì di tutte le riproposizioni della Storia delle Storie. Come è ovvio che sia, si può anche non esplicare o rispettare del tutto tale modello, ma di base resta sempre quello in ogni Viaggio dell’Eroe.  Per questo motivo vi invito a leggere la Sacra Scrittura e, soprattutto, a non lasciarvi ingannare da coloro che vi diranno che tutto è già stato sviscerato o che non ci sia davvero niente di importante da scoprire o sperimentare. Perché la fantasia umana non ha limiti. Ma più di ogni altra cosa, mi preme fare presente che l’aprirsi a Dio come un bimbo curioso è tutto di guadagnato (Mt 18, 3). Non c’è nulla da perdere. E con delle chiavi di lettura cristiane una storia apparentemente non cristologica come quella di Star Wars vi apparirà non soltanto più bella (eh, difficile… ma possibile! ), ma addirittura profetica come il libro di Giovanni.

Giovanni Paolo II: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”

Exit mobile version