Con l’Epifania, che etimologicamente significa “mi rendo manifesto“, cioè la Verità si manifesta, si festeggia la visita dei Re Magi che furono tra i primi a trovare il Messia ed adorarlo. Tale festività, anche se poco noto, è spunto di numerose riflessioni riguardo il percorso necessario per giungere la Verità. E per Verità usiamo volutamente la maiuscola, perché alludiamo alla conoscenza di Dio. Anche se, in un qualche misura, il discorso è valido per qualunque ricerca della conoscenza, anche non necessariamente finalizzata allo spirituale.
Io sono la via e la verità e la vita
Secondo i Vangeli, i primi fra gli uomini a riconoscerne l’identità del Messia non furono né i potenti né i “sapienti” sacerdoti del Tempio, né gli scribi né i più zelanti servitori di Dio. Bensì furono degli umili pastori e poi dei maghi pagani. Dunque, due categorie lontanissime dall’attesa messianica del resto del popolo ebraico. E la ragione di ciò è il senso profondo dell’Epifania: l‘attesa di una Verità che si rivela e supera le nostre aspettative.
I Re Magi, tra verità e leggenda
«Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: “Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo“. All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: “A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
“E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.”
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: “Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo”. Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. ~ Matteo 2, 1-11
I Re Magi sono realmente esistiti?
Sull’esistenza dei Re Magi si è stato scritto e detto moltissimo, in quanto non c’è certezza storica riguardo questi personaggi. Esiste una tradizione che da sempre accompagna le poche informazioni che abbiamo al riguardo nei Vangeli. Alcuni, non potendo avere un quadro chiaro per la poca documentazione su queste misteriose figure, ne hanno negato l’esistenza, ipotizzando che si tratti di una “leggenda” inserita nei vangeli per arrichire il racconto. Invece altri storici fanno notare che, piaccia o no, i Vangeli sono testimonianze piuttosto veritiere, perché scritte con l’intento di offrire informazioni esatte su Gesù. Tali testimonianze sono ricavate dagli Apostoli, i quali furono istruiti da Maria che è la principale fonte di tutto ciò che riguarda la natività e l’infanzia di Gesù. Anzi, essendo vissuta dopo di Cristo con l’apostolo Giovanni, se quest’ultimo è davvero l’autore del Vangelo a lui attribuito, tale testo lo scrisse con l’aiuto di Maria. Questo potrebbe spiegare la profondità del famoso Vangelo dei “Sette Segni”, perché Maria ne sarebbe la coautrice. Evidentemente per la Chiesa che Maria, in quanto donna, possa essere l’autrice di uno dei Vangeli è una possibilità che crea tuttora disagio in una realtà ancora troppo sessista.
Un racconto che mette a nudo le miserie personali degli Apostoli
In ogni caso, nei Vangeli gli Apostoli non si fanno problemi a raccontare episodi che mettono in risalto tutte le loro miserie personali. Basti pensare a Simon Pietro che rinnegò Cristo per tre volte e anche tutti gli altri apostoli, eccetto Giovanni apostolo, quando abbandonarono Gesù nel momento della passione. Inoltre, il testo dei Vangeli più volte evidenza l’ottusità o l’arrivismo che, almeno inizialmente, accompagnò i dodici apostoli che seguivano il Messia anche e soprattutto per un tornaconto personale. Pertanto, se ci fosse stata una disonestà intellettuale da parte dagli Apostoli, molte parti del Vangelo sarebbero state raccontate in modo completamento diverso.
Cosa sostiene la Chiesa cattolica sui Re Magi?
Il Magistero della Chiesa cattolica riconosce l’esistenza dei Magi, anche se non si pronuncia sulla tradizione extra scritturistica, come quella che attribuisce ai tre in questione i nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre e altre caratteristiche non presenti nella Rivelazione. La tradizione popolare al riguardo vuole che fossero tre sovrani d’oriente, sia maghi che astrologi , estremamente colti, che aspettavano con impazienza la nascita di un bambino che sarebbe divenuto Re di tutto il mondo. Quindi attendevano il Messia.
L’attesa del Messia tra i non ebrei
Molte rivelazioni di mistici e santi riconosciuti della Chiesa asseriscono che l’attesa messianica non era presente solo nel popolo ebraico. Come quella della beata Anna Caterina Emmerick che non solo conferma che i Magi erano sia maghi che astrologi. Ma anche i sovrani di una regione orientale. La beata rivela inoltre che molti altri politeisti aspettavano in quel periodo un segno celeste che confermasse la nascita di una figura messianica. Ma solo i Re Magi, seguendo il percorso della stella cometa e sfruttando le loro enormi conoscenze, trovarono il bambino con l’aiuto della Provvidenza. Per quanto politeisti, lontani dagli insegnamenti biblici, essi avevano fede ed erano di buon cuore. Come riporta il Vangelo, aiutarono la Sacra Famiglia a mettersi in salvo dal genocidio voluto da re Erode (Mt 2, 12-13) che testimonia come in quel periodo fosse noto tra tutti, ebrei e non, che sarebbe nato un bambino destinato a diventare un Sovrano tra i sovrani.
Gesù e la visita ai Re Magi da adulto
Anna Caterina Emmerick, ma non soltanto lei, riporta anche che una volta adulto Gesù si recò personalmente dai Re Magi per andare a trovarli e rivelare loro la Verità su di sé. I tre accolsero e abbracciarono Gesù e i Suoi insegnamenti, estendendoli a tutta la popolazione locale. Se ciò sia vero o no, il dubbio rimane… ma fatto sta che il mondo politeista riconobbe il Messia e accettò la Verità evengalica senza alcuno sforzo. Diversamente accadrà con una parte degli ebrei… che cadranno in un monoteismo ancora più rigido proprio per negare la Divinità di Cristo e il concetto di “Figlio di Dio”: natura divina e umana unite insieme, in quella che la Chiesa definisce “unione ipostatica“.
È necessrio aggiungere che, oltre il compresibile scetticismo rispetto le rivelazioni dei mistici, nel caso della Emmercik ci sono delle ragioni per darle maggiore credibilità. Infatti la Emmerick riporta fatti, luoghi ed eventi di cui alcuni sono stati confermati dalla storici, come per esempio il ritrovamento della Casa di Maria. Quest’ultima scoperta successivamente nel 1881 proprio grazia agli scritti della Emmerick.
I pastori
Ma ad arrivare prima dei Re Magi furono altri… i pastori, che avvertiti dagli Angeli giunsero sul posto e accolsero la regalità di Cristo senza alcun indugio.
Ma i pastori chi erano?
A quel tempo erano considerati gli ultimi tra il popolo ebraico (Mt 20, 16), le persone meno importanti se non addirittura disprezzate, perché nomadi e “socialmente inferiori”. Essi sono gli ultimi o i più piccoli. Così infatti dirà Gesù:
Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
L’amore di Dio per i più sfortunati
Gesù lo sottolinearà più volte: Dio Padre ama gli “sfortunati”. Cioè, quelli che secondo la mentalità umana sono i meno adatti ad arrivare alla verità. Nell’Antico Testamento Dio preferisce sempre gli “ultimi”, da re Davide – inizialmente un ragazzino contro un gigante – fino al profeta Geremia che annunciò quello che il popolo ebraico meno poteva concepire (l’esilio dalla Terra Santa). Pare chiaro che la casta sacerdotale e l’intera popolazione venisse sempre ammonita o fatta progredire sulla retta via da persone su cui nessuno avrebbe mai scommesso un soldo. Del resto avviene lo stesso con Gesù, rifiutato anche perché apparentemente di “umili origini”, e in tutta la storia della Chiesa cattolica.
I profeti del Cristianesimo
Santi e mistici, cioè i profeti del Cristianesimo, sono sempre state figure piccole e insignificanti agli occhi dei potenti e delle alte gerarchie del clero. Qualche esempio? Sì, facciamolo. San Francesco d’Assisi, uno straccione dal carattere non proprio facile… che per vocazione salvò la Chiesa nel XII secolo. Santa Giovanna d’Arco, una contadinella minuta e sempliciotta scelta da Dio per salvare la Francia e poi bruciata come strega proprio perché aveva umiliato i potenti della sua epoca. I veggenti che hanno visto la Madonna nel corso degli ultimi secoli? Tutti pastorelli ignoranti e/o bambini.
La semplicità piace a Dio, ma non agli “uomini di Dio”
Puntualmente l’essere considerati persone semplici o di umili origini era il pretesto con cui ogni volta una parte del clero cercò di non riconoscerne la sincerità delle testimonianze di molti mistici autentici. Questo perché “troppo ignoranti”, “ingenui” o “poco importanti”. Potrei anche citare qualche pontefice al riguardo, giusto per farvi capire come il disprezzo per i piccoli sia sempre stato un problema anche della casta sacerdotale cristiana. Si citano spesso con orgoglio i grandi padri o dottori della Chiesa, ma se si analizza la storia del Cristianesimo, sono i più piccoli che salvarono la cristianità o dove Dio più si manifestò grandemente. Ma mi fermo qui.
Innazalta degli umili
Il mio intento non è quello di polemizzare, ma di far riflettere su di un fatto: Dio sceglie chi vuole. E di solito predilige quelli meno amati dalla popolazione, o quelli considerati “meno adatti”, come del resto ricorda Maria Santissima (altra “piccola” anche lei!) nel Magnificat:
Abbatte i potenti dai troni, innalza gli umili.
Il segreto dei Re Magi: l’umiltà
Ma allora perché Dio ha scelto anche i Magi, che invece trovarono il Messia con l’aiuto delle loro conoscenze? Può un uomo arrivare alla Verità anche per mezzo della conoscenza? Sì, la conoscenza può aiutarci a incontrare Dio, ma a una condizione: l’umiltà. Ma cos’è l’umiltà? Oggi la si attribuisce al ritenersi di poco valore. In realtà, il vero significato è ben altro: consapevolezza dei propri limiti. I Magi, sia secondo la tradizione che come riportano i Vangeli, erano estremamente colti, tanto che riuscirono a calcolare, come devi veri astronomi, dove li avrebbe condotti la stella che era il segno celeste tanto atteso per l’avvento del Re dei Re. Essi però non erano né ebrei né sacerdoti.
Consapevolezza di non sapere
Dunque, non avevano aspettative o sovrastrutture riguardo all’idea di come avrebbe dovuto manifestarsi il Messia. Né difficoltà ad accettarne la natura divina, essendo politeisti e aperti a diverse possibilità. Erano aperti, come i più ignoranti tra i pastori, a ricevere la Verità, intimamente consapevoli che per quanto colti e dotti non conoscevano che una minima parte della realtà. Un po’ come ribadirì Socrate:
Io so di non sapere
Questa consapevolezza è l’umiltà. La fede e la ragione vanno di pari passo, come insegna la Chiesa. Ma per fede non si intende il fideismo. Quest’ultimo porta al fanatismo, c’è poco da fare. La vera fede è un profondo desiderio di bellezza. O meglio, l’intima consapevolezza che l’eternità creata supera di molto la nostra immaginazione. Il devozionismo, se non accompagnato dall’umiltà (la consapevolezza della propria condizione), porta alla superbia e non eleva affatto l’anima. Lo stesso vale per il dogmatismo. Addirittura la filosofia, la scienza e la teologia, sono rovina per l’uomo se non si ama Dio e se non si resta umili: aperti a tutto ciò che può superare la nostra immaginazione secondo un disegno infinitamente bello, che induce a desiderare di conoscerne più intimamente l’Autore. Questa umiltà è anche necessaria per la carità.
Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. ~ 1Corinzi 13, 1
Il segreto dell’umiltà
Come si può essere umili? Il segreto è la predisposizione alla santità! Alcuni dicono:
Santi non si nasce, si diventa. E anche a fatica!
Non è così, almeno non sempre. I primi esseri umani erano santi dalla nascita, nati senza alcuna inclinazione al peccato. Sopratutto Maria Santissima è nata santa. Gesù è stato fin dal principio l’Unto del Signore: il Santissimo. Sì può nascere santi, cioè senza peccato originale. Ma si può perdere questa condizione in seguito all’uso della libertà che può comportare una rottura nella nostra relazione con Dio. Oggi, secondo la fede cattolica, nasciamo tutti con le ferite derivate dal peccato originale commesso da Adamo. Ma questo non cambia la sostanza: la santità non è qualcosa che può essere spiegata in un’ottica meritocratica, come fanno molti cristiani. La santità è relazione con Dio. Essere umili è una predisposizione alla santità, perché permette la crescita di questa relazione con Dio Padre e si alimenta il desiderio di essere un tutt’uno con Lui. I Magi, proprio perché molto colti ma non inutilmente sovrastrutturati, come invece lo erano gli ebrei dottori della legge, ebbero l’onore di adorare il Messia fin dalla sua infanzia.
Abbandonarsi a ciò che non si conosce
L’umiltà è l’inclinazione ad abbandonarsi più facilmente a qualcuno di più grande di noi. Al di là del ceto sociale, del grado culturale, dei titoli umani e addirittura dei propri limiti o pregi, ciò che ci rende umili è il sincero desiderio di una cosa grande e bella: essere bisognosi di Dio Padre, nella consapevolezza che Lui ha preparato per noi qualcosa che di molto supera le nostre aspettative. Questa apertura del cuore e della mente, unita a un desiderio che solo lo Spirito di Dio può suscitare, ci apre la strada verso la Verità cristiana: la nostra chiamata ad essere anche noi, se lo vogliamo, figli di Dio. Così, come i Magi, non trasformeremo il nostro desiderio di conoscenza in dannosi pregiudizi, ma in un desiderio di bellezza che genererà la fede, quella autentica. Questo è il sentiero che hanno intrapreso i Magi, che ebbero il dono di adorare il Messia ancora bimbo, conoscendolo per davvero e di partecipare a quell’incredibile avventura che chiamiamo “Storia della Salvezza”.